martedì 27 aprile 2010

Resoconto del 25 Aprile: Cassina

DISCORSO DI GUIDO PARATI, VICESINDACO DI CASSINA DE' PECCHI

Oggi 25 Aprile 2010 ci ritroviamo ancora una volta per rinnovare la memoria della lotta di RESISTENZA PARTIGIANA conclusasi il 25 Aprile 1945 con la riconquista della indipendenza del popolo italiano dall’oppressione nazi-fascista.

L’opposizione antifascista non sorse né all’improvviso né in un solo momento, ma si sviluppò progressivamente a mano a mano che prendevano corpo i caratteri aggressivi e totalitari dei regimi fascisti e, con essi, la loro disastrosa influenza sullo scenario internazionale.

Le tragiche ed infauste vicissitudini della partecipazione italiana alla 2.a guerra mondiale, intrapresa per la effimera illusione di reboanti conquiste imperialistiche, determinarono la consapevolezza che l’avvenire del paese e dell’umanità richiedevano di battere altre strade.

La disfatta militare palesò la disastrosa povertà di idee, mezzi e risorse della dittatura mussoliniana e, ancora, evidenziò come, una fallace formazione culturale e professionale delle giovani generazioni mortificava le potenzialità necessarie al progresso nei settori fondamentali del vivere civile. Fu questo che rivelò al popolo italiano la consapevolezza che solo l’abbandono di miti retoricamente vuoti poteva consentire la conquista di ideali strettamente mirati al progresso della dignità umana.

Nell'autunno del 1943 prende forma la coalizione di tutte le forze antifasciste, coalizione che sul finire dell'anno trova completamento, dapprima, con la adesione del PCI alla opzione patriottica della lotta di liberazione e poi, alla concorde manifestazione di tutti i partiti democratici di convergere nella collaborazione politica espressa dai CLN.

L’opposizione al fascismo comprende forze partitiche democratiche, forze sociali ispirate alla promozione dell’uomo che riconoscono nella potenza creatrice dell’individualità un potente motore della società, forze del mondo religioso cristiano e anche non cristiano, associazioni e movimenti, che pur non riconoscendosi in organizzazioni partitiche ispirate a precise ideologie portano avanti la volontà di realizzare un mondo nel quale la violenza e la sopraffazione (volontà di potenza, militarismo imperialista) non siano l’ideale di vita.

Questo è il mondo dal quale ha preso il via lo sviluppo di quella forma unitaria di opposizione alla dittatura che è la RESISTENZA.

In Italia, la RESISTENZA fu possibile per il fatto di avere assunto un carattere patriottico che imponeva a tutte le sue componenti come esigenza primaria la riconquista della indipendenza del popolo italiano dall’invasore come condizione indispensabile per la ricostituzione dello Stato italiano che si sarebbe dovuto dare una struttura democratica pervasa degli ideali di umanità e tolleranza a premessa della instaurazione di un ordine nazionale ed internazionale di pace.

La RESISTENZA non è un semplice fatto militare, ma è piuttosto un movimento che si presenta in forme complesse, variamente articolate, tutte tra loro interconnesse e nelle quali spicca una partecipazione collettiva di tutte le forze sociali e politiche senza dimenticare in tutto ciò l’importante ruolo delle donne, come angeli del focolare all’interno della famiglia, tenendo testa a tutte le vicissitudini della guerra dovute all’assenza degli uomini impegnati nell’ attività militare vera e propria e in moltissime occasioni partecipando attivamente a tutte le iniziative della RESISTENZA.

L’attività resistenziale si è sviluppata con forme diverse:

  • attività politica organizzativa;

  • attività politica rivolta all'acquisizione di consensi popolari (propaganda);

  • attività militare locale;

  • attività militare vera e propria (formazioni combattenti, Brigate partigiane, ecc.);

  • direzione politica esercitata da organismi collegiali interpartito a diversi livelli di competenza territoriale.

Il 25 aprile, è dunque il coronamento di una lotta multiforme che ha trasceso l'ambito puramente militare per ricollegarsi piuttosto a tutte le attività politiche che, in una forma certamente non subordinata, si allargavano a tutta la società.

In pratica, anche se in modo non formale, la caduta del regime fascista, la sconfitta dell’oppressore nazista e la contemporanea instaurazione delle strutture democratiche sono il punto terminale di un fenomeno, quello della RESISTENZA, che si presentò nell’ambito di una nuova dialettica politica consentita dall’insorgente impulso democratico che animava la nuova società: ma, il fenomeno della RESISTENZA, nei suoi aspetti più originali si perpetuò nella conquistata acquisizione di larghe forze popolari alle nuove classi dirigenti del Paese e nella redazione della Costituzione Repubblicana, i cui contenuti, ora almeno nella seconda parte, in via di parziale obsolescenza, ricalcano temi acquisiti nella lotta clandestina.

Pertanto il contributo, che la RESISTENZA in tutto il suo insieme, dalle organizzazioni politiche, sociali e militari, ha fornito al Paese è costituito dal patrimonio di idee e di strutture operative che hanno, ci auguriamo, definitivamente sepolto le ideologie nazifasciste nel limbo delle cose morte ed hanno sventato il pericolo che si realizzasse una involuzione profonda nello sviluppo nazionale: la RESISTENZA è stata anche partecipe a quel movimento internazionale che nel dopoguerra, nonostante contrasti spesso drammatici, ha propiziato il mantenimento della pace ed un decisivo progresso nella costruzione di una Europa meno disunita.

Viva la RESISTENZA, viva la PACE, viva la REPUBBLICA.


DISCORSO DI MARIA GRAZIA MASTRANDREA, PRESIDENTE DELLA SEZIONE ANPI DI CASSINA


Cari concittadini,

voglio iniziare questa commemorazione del 65° anniversario del Giorno della Liberazione lasciando la parola a una patriota. Si chiama Paola Garelli, di Mondovì, in provincia di Cuneo. Ha 28 anni e fa la pettinatrice a Savona. Siamo alla fine di ottobre del 1944. Lei è in carcere perché svolge attività clandestina nella brigata SAP "Colombo" della città ligure. E' condannata a morte. Ecco la sua ultima lettera, scritta alla sua bambina Mimma, prima di essere fucilata, senza processo, il 1° novembre.

Mimma cara,

la tua mamma se ne va pensandoti e amandoti, mia creatura adorata, sii buona, studia ed ubbidisci sempre gli zii che t'allevano, amali come fossi io.

Io sono tranquilla. Tu devi dire a tutti i nostri cari parenti, nonna e gli altri, che mi perdonino il dolore che do loro. Non devi piangere né vergognarti per me. Quando sarai grande capirai meglio. Ti chiedo una cosa sola: studia, io ti proteggerò dal cielo.

Abbraccio con il pensiero te e tutti, ricordandovi la tua infelice mamma.

Queste non sono semplici parole, ma azioni di eccezionale elevatezza morale che si trasferiscono da una morente ai superstiti. Sono una testimonianza e una lezione, concepite nel momento più solenne della vita, quando si è a faccia a faccia con se stessi, in presenza della morte. Esprimono grande coraggio, straordinaria serenità e modestia, fiducia nel futuro. Diventano un messaggio universale.

E' la prima volta, nella storia italiana, che nell'animo di un popolo si forma una convinzione così seria e diffusa, capace di affrontare qualsiasi prova. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, la sopravvivenza della Patria pone drammaticamente a ogni italiano, già alle prese con le terribili difficoltà quotidiane, una domanda cruciale: quale decisione prendere per riscattare e dare dignità a un Paese allo sbando? Molti si chiudono in se stessi. Altri attendono occasioni più favorevoli. Altri invece prendono su di sé la responsabilità di cacciare i tedeschi dall'Italia, sconfiggere i fascisti e dar vita a una società nuova. Coloro che fanno quest'ultima scelta sono molti e tutti concordi.

Nel grande movimento di Liberazione confluiscono innanzitutto i 200 mila partigiani della Resistenza, con i loro 45 mila caduti, i 10 mila uccisi per rappresaglia e i 21 mila invalidi e mutilati. Un forte contributo viene dai 600 mila soldati italiani deportati dai tedeschi nei campi di concentramento: di essi, solo 15 mila accettano di rientrare in Italia a combattere per la Repubblica di Salò; gli altri utilizzano gli strumenti di lotta al nazismo e al fascismo che le circostanze

consentono, come il rifiuto del lavoro e il sabotaggio. Importante, infine, è la partecipazione alla lotta di Liberazione dei soldati del Regio esercito italiano con

gli 8383 caduti della divisione Acqui a Cefalonia e alcune eroiche battaglie, come quella di Montelungo, a fianco degli Alleati .

La Resistenza, attraverso i suoi atti militari e politici, è stata una guerra di liberazione, di liquidazione del fascismo e di realizzazione di una democrazia repubblicana. I documenti che testimoniano questi percorsi di azione, come le memorie dei resistenti, le lettere dei condannati a morte, gli atti del Comitato di Liberazione Nazionale e delle Libere Repubbliche sorte nell'Italia settentrionale, sono il segnale di una svolta, lo"spartiacque", come ha ricordato ieri a Milano il Presidente Giorgio Napolitano, tra l'Italia del Risorgimento che conseguì la sua unità nel 1861 e l'Italia che nel 1945 iniziò la sua nuova storia . C'è tanta voglia di un futuro migliore in questi documenti che si è condensata nel 1948,nella

Costituzione: in questa Carta fondamentale sono stati convertiti in norme giuridiche e formalizzati in un linguaggio scientifico i valori della Resistenza: l'uguaglianza, la libertà e la solidarietà per dare corpo a una democrazia nuova, partecipativa, fondata sugli equilibri dei poteri, testimone dei diritti fondamentali dell'uomo: il lavoro, l'emancipazione, la cultura, il dialogo.

Non dimentichiamo mai quel passaggio del discorso del giurista e padre costituente Piero Calamandrei agli studenti milanesi nel 1955:

…questa Carta è un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate sulle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione.

Oggi, a 65 anni dalla fine della guerra di Liberazione e dal congedo della Resistenza, che pure ha avuto al suo interno episodi di rappresaglia, dogmatismi, estremismi, quei principi sono ancora attuali. Sia perché non sono stati del tutto applicati. Sia perché abbiamo bisogno di anticorpi per combattere l'oblio delle regole democratiche.

La democrazia, ci ricorda il costituzionalista Gustavo Zagrebelski, è sempre un regime problematico, difficile, mai definitivo, esposto strutturalmente al pericolo d'involuzione oligarchica. Noi italiani non possiamo stare tranquilli sapendo di essere, secondo un detto del filosofo Norberto Bobbio, "democratici più per assuefazione che per convinzione".

Dobbiamo allora incidere nel nostro cuore l'esortazione di Calamandrei: "Ora e sempre resistenza".

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